Sentenza n. 151 del 1969
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SENTENZA N. 151

ANNO 1969

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

prof. Giuseppe BRANCA, Presidente

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Prof. Giuseppe CHIARELLI

Dott. Giuseppe VERZÌ

Dott. Giovanni BATTISTA BENEDETTI

Prof. Francesco PAOLO BONIFACIO

Dott. Luigi OGGIONI

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo MICHELE TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Prof. Paolo ROSSI

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 2, sesto comma, del decreto legislativo luogotenenziale 21 novembre 1945, n. 722, recante provvedimenti economici a favore dei dipendenti statali, promosso con ordinanza emessa l'11 maggio 1968 dal giudice conciliatore di Vico Equense nel procedimento civile vertente tra De Marco Luigi ed il comune di Vico Equense, iscritta al n. 102 del registro ordinanze 1968 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 203 del 10 agosto 1968.

Visto l'atto d'intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;

udito nell'udienza pubblica del 12 novembre 1969 il Giudice relatore Nicola Reale;

udito il sostituto avvocato generale dello Stato Franco Casamassima, per il Presidente del Consiglio dei Ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

Con ordinanza emessa l'11 maggio 1968, nel procedimento civile promosso dal signor Luigi De Marco contro il comune di Vico Equense, il conciliatore di detto comune ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2, sesto comma, del decreto legislativo luogotenenziale 21 novembre 1945, n. 722, nella parte in cui si stabilisce che la quota di aggiunta di famiglia non spetta ai dipendenti statali per i figli minorenni ricoverati gratuitamente presso istituti di educazione ed istruzione.

L'ordinanza premette in punto di fatto che il De Marco, segretario capo comunale, conveniva in giudizio l'amministrazione civica di Vico Equense, pretendendo il pagamento della somma di lire 49.500 per diritti di segreteria; somma che l'amministrazione stessa contestava di dover dare, eccependo la compensazione con la somma, di identico ammontare, di cui al De Marco si richiedeva la restituzione per quote aggiuntive di famiglia indebitamente percepite. In proposito l'ordinanza chiarisce che il De Marco aveva effettivamente riscosso le quote aggiuntive per una figlia, ospitata, in quanto vincitrice di una borsa di studio, presso il Collegio I.N.A.D.E.L. di Sansepolcro.

In ordine al giudizio di non manifesta infondatezza, il giudice a quo ha prospettato la disparità di trattamento che la norma impugnata genererebbe rispetto ad analoghe situazioni, concernenti i benefici, connessi al merito scolastico, preveduti in particolare dalla legge 14 febbraio 1963, n. 80, e dall'art. 32 della legge 31 ottobre 1966, n. 942, nonché dal relativo regolamento emanato dal Ministro per la pubblica istruzione con decreto 2 marzo 1967 (pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 105 dello stesso anno). L'attribuzione di assegni o di borse di studio non comporterebbe, in queste ultime fonti normative, il venir meno del diritto dei genitori alla corresponsione dell'aggiunta di famiglia, ancorché questi non versino in disagiate condizioni economiche. Da ciò la lesione del principio costituzionale e reso effettivo con l'attribuzione di borse di studio, assegni alle famiglie e altre provvidenze.

L'ordinanza, ritualmente notificata alle parti ed al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti del Senato e della Camera dei Deputati, é stata pubblicata nel n. 203 della Gazzetta Ufficiale del 10 agosto 1968.

In rappresentanza del Presidente del Consiglio dei Ministri, l'Avvocatura generale dello Stato, con atto di intervento 29 agosto 1968, ha chiesto che la Corte dichiari la questione infondata.

Premesso che le quote aggiuntive di famiglia non costituiscono, nel sistema vigente, un corrispettivo del lavoro prestato, ma assolvono alla funzione, eminentemente sociale, di assicurare un aiuto economico a coloro che abbiano familiari a proprio carico, l'Avvocatura sostiene, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, che dalla disposizione impugnata non deriva alcuna disuguaglianza rispetto alle provvidenze disciplinate dalle altre leggi sopra ricordate.

Queste ultime, istituite per assicurare agli studenti capaci e meritevoli, privi di mezzi economici, la possibilità di raggiungere i gradi più alti degli studi, presuppongono che gli aventi diritto continuino a convivere ed a gravare sui genitori per talune quotidiane esigenze, come quelle dell'alloggio, del vitto e del vestiario, giustificando l'ulteriore attribuzione ad essi genitori delle quote aggiuntive di famiglia. Questa condizione non ricorrerebbe, invece, nel caso di figli ospitati gratuitamente in istituti di istruzione e per i quali verrebbe a cessare il rapporto di vivenza a carico, che legittima la corresponsione delle quote.

L'Avvocatura osserva, poi, che non sussiste nemmeno la illegittimità della norma impugnata, affermata nell'ordinanza del giudice a quo, senza alcuna motivazione, in riferimento all'art. 34 della Costituzione.

Questo, infatti, é volto alla tutela di interessi allo studio e alla educazione culturale dei giovani, ben differenziati rispetto agli altri attinenti alle generiche esigenze dell'assistenza familiare; né sarebbe dato cogliere in qual misura la privazione delle quote aggiuntive di famiglia, nel caso di gratuito ricovero del figlio in istituti di istruzione, possa pregiudicare il diritto allo studio.

 

Considerato in diritto

 

1. - Il decreto legislativo luogotenenziale 21 novembre 1945, n. 722, istitutivo di una indennità mensile di carovita a favore dei dipendenti statali, nell'art. 2, quinto comma, accorda al "personale maschile coniugato e al personale vedovo con prole minorenne", per ciascuno dei familiari a carico, una quota complementare mensile, che ha poi assunto la denominazione di quota di aggiunta di famiglia con l'art. 4 del successivo decreto del Presidente della Repubblica 17 agosto 1955, n. 767.

Il successivo sesto comma stabilisce, in particolare, che ai fini della concessione della quota aggiuntiva non si tiene conto, fra le altre persone, "dei figli minorenni ricoverati gratuitamente presso istituti di istruzione e di educazione".

Dopo aver rilevato che la suddetta disposizione é applicata anche nel caso che il ricovero presso istituti di istruzione consegue all'assegnazione di una borsa di studio, in base a valutazione, per concorso, del merito scolastico, il conciliatore ne denunzia l'illegittimità, alla stregua dei principi enunciati negli artt. 3 e 34 della Costituzione. Sussisterebbe, secondo il giudice a quo, una disparità di trattamento rispetto alla disciplina dell'assegno di studio universitario, istituito con la legge 14 febbraio 1963, n. 80 (le cui misure sono state aumentate con la recente legge 21 aprile 1969, n. 162), ed alla disciplina delle borse di studio, da attribuire ai giovani laureati per il compimento di particolari studi e ricerche, ai sensi dell'art. 32 della legge 31 ottobre 1966, n. 942 e del relativo regolamento approvato con decreto 2 marzo 1967 del Ministro della pubblica istruzione.

Soltanto nel primo caso, e cioé in pregiudizio del genitore il cui figlio sia ospitato gratuitamente in un istituto di istruzione, é disposta l'esclusione della quota aggiuntiva di famiglia, ancorché in tutte le ipotesi ricordate si prevedano invece identici requisiti di merito e pari condizioni economiche familiari.

La questione non é fondata.

2. - Il sesto comma dell'art. 2 del decreto legislativo luogotenenziale n. 722 del 1945 va posto in relazione col principio fondamentale, contenuto nel precedente quinto comma, che subordina la concessione dell'aggiunta di famiglia al fatto che il figlio minorenne (o, se studente universitario, per la durata del corso legale di studi e comunque non oltre il compimento del ventiseiesimo anno di età, come dispone la successiva legge 11 febbraio 1963, n. 79) sia a carico del genitore: é richiesto, cioè, che su quest'ultimo gravino gli oneri economici attinenti a tutte le necessità di vita: quindi non solo quelle concernenti l'istruzione e l'educazione, ma anche le altre riguardanti ad esempio il vitto, l'alloggio, il vestiario.

Orbene, la diversità di disciplina nella normativa in esame appare determinata da una discrezionalità legislativa per cui sono state diversamente considerate le situazioni sopra indicate.

Simile valutazione deve qualificarsi razionale, giacché, mentre con l'ospitalità gratuita in istituti e collegi si debbono normalmente considerare soddisfatte le essenziali necessità di vita, onde il soggetto non pub dirsi a carico del genitore, eguale affermazione non é, di norma, consentita per i casi di concessione di assegni o di borse di studio: benefici questi che, intesi a sopperire ai maggiori oneri della istruzione superiore, sono diretti ad alleviare solo in parte l'onere del genitore relativo al mantenimento ed all'educazione della prole.

Quanto sopra basta ad escludere la fondatezza della questione alla stregua dell'art. 3 della Costituzione, posto che la diversità di trattamento legislativo risponde a sostanziale diversità delle fattispecie regolate.

3. - É poi insussistente anche la denunziata violazione dell'art. 34 della Costituzione nella parte in cui, dopo essersi dichiarato che i capaci e i meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i più alti gradi degli studi, si prevede a loro favore l'adozione di opportune provvidenze.

La disposizione impugnata non incide affatto sulle situazioni protette dalla norma costituzionale suddetta. Essa, comportando l'esclusione dell'aggiunta di famiglia per il caso di ospitalità gratuita in istituti o collegi, presuppone non pregiudicato, anzi ampiamente assicurato in tal modo, il diritto alla istruzione.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2, sesto comma del decreto legislativo luogotenenziale 21 novembre 1945, n. 722, sollevata dall'ordinanza indicata in epigrafe, in riferimento agli artt. 3 e 34 della Costituzione.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10 dicembre 1969.

Giuseppe BRANCA  -  Michele FRAGALI  -  Costantino MORTATI  -  Giuseppe CHIARELLI  -  Giuseppe VERZÌ  -  Giovanni BATTISTA BENEDETTI  -  Francesco PAOLO BONIFACIO  -  Luigi OGGIONI  -  Angelo DE MARCO  -  Ercole ROCCHETTI  -  Enzo CAPALOZZA  -  Vincenzo MICHELE TRIMARCHI  -  Vezio CRISAFULLI  -  Nicola REALE  -  Paolo ROSSI

 

Depositata in cancelleria il 17 dicembre 1969.